L'amore tatuato

Beatriz Martin Vidal


Ha poco più di 30 anni, una zazzeretta di capelli asimmetrica, un paio di piercing sul viso, quando faccio la sua conoscenza è inverno, ma intuisco sotto gli anfibi e le maniche lunghe del maglione diversi tatuaggi. La conosco perché è la mamma di due piccole pazienti, a pelle, dopo averne viste tante, direi una brava mamma, affettuosa, capace di contenere, ed allo stesso tempo di stimolare l'autonomia e l'interesse delle proprie bimbe. Viene per comuni problemi stagionali. Ogni volta che parlo mi ascolta con interesse, ad ogni mia frase un OK, ma non detto tanto per dire, detto come di una persona che analizza attentamente quello che dico e memorizza. Nasce subito feeling tra di noi. Qualche giorno dopo mi dice che la più piccola delle sue bimbe ha una congiuntivite a seguito del raffreddore e che un occhio appare un po' gonfio. Visito la bimba e subito decido di mettere la bimba sotto antibiotico locale: naso ed occhi. Le spiego a cosa fare attenzione e di aggiornarmi sull'andamento. Il giorno successivo la signora mi chiama per comunicarmi il chiaro miglioramento. Tuttavia dopo due giorni mi richiama e mi dice che l'occhio, quella mattina, appare nettamente tumefatto. Faccio tornare la bimba ed in effetti si è instaurato il quadro iniziale di una cellulite orbitaria (una complicanza della sinusite nei bimbi piccoli). Pongo la bimba sotto antibiotico per bocca e dico alla mamma che monitoreremo la situazione ogni 24 ore e di avvisarmi per qualsiasi segnale strano. Dopo appena 12 ore la signora mi chiama allarmata l'occhio è più gonfio. Faccio tornare la bimba nel pomeriggio e sostituisco la terapia per os con iniezioni, chiedo alla mamma se c'è qualcuno in casa in grado di fare iniezioni, la vedo chiudere gli occhi e dirmi piano "eccome no, abbiamo imparato tutti". Le spiego quali siano le complicanze della cellulite e le dico che il passo successivo è il ricovero e la terapia in vena con doppia copertura antibiotica, ma che prima di allarmarci dobbiamo aspettare e lasciare il tempo al farmaco di fare effetto per vedere se è sufficiente. E' in quel momento che, con un filo di voce mi dice, "abbiamo perso un figlio per una neoplasia, non mi allarmo per nulla, ma mi capisca, non è meglio andare all'ospedale?". Le spiego quanto dobbiamo aspettare, di cosa ci dobbiamo allarmare, come può evolvere la situazione, ad ogni mia frase un ascolto attento, di chi ha imparato a sue spese ad immagazzinare dati clinici e pugni in faccia dalla vita, ed un ok. Mi dà fiducia, ci diamo tempo e dopo 24 ore l'occhio si sgonfia e dopo 48 siamo in ambulatorio che ci scherziamo su sulla grande paura. 
Quando un bimbo perde i genitori lo si chiama orfano, come si chiama un genitore che perde un figlio?
Non c'è un nome che possa contenere tanto dolore.
Quest'estate sono tornate tutte e tre, dovevamo vedere come crescono bene le bimbe, il loro fratellino avrebbe 11 anni, d'estate  le maglie hanno le maniche corte, sul braccio destro della donna c'è un grande tribale, sul sinistro un faccino sorridente con una zazzeretta di ricci, ho distolto lo sguardo da dolore ed amore marchiati sulla pelle ed ho sorriso alla vita che continua

Commenti

  1. Brividi. In ogni parte del corpo.
    Di quando le parole sanno scalfire.

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  2. Spero che non entri nessuno in ufficio.
    Ho bisogno di piangere.
    Damigiana

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  3. Già, continua. Il fatto doloroso spesso è proprio quello. Che continua, quando forse avresti voluto che si fermasse, anche per poco.

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  4. Credo che perdere un figlio, specialmente se piccolo o comunque giovane, sia una delle esperienze più devastanti per un essere umano. E' ovvio che qualunque perdita ferisce, quella di un genitore come quella di un amico, ma un figlio è davvero qualcosa di diverso.
    Un figlio è - letteralmente - un pezzo della tua stessa carne. Ed è qualcuno che ti è affidato, su cui in un certo senso investi e progetti il tuo stesso futuro. Perderlo è... come dire? qualcosa di del tutto innaturale.
    L'ho visto con i miei vicini di casa, che hanno perso un figlio, suicida a 16 anni (e proprio non so come abbiano fatto a non impazzire); o con una zia di mio padre, il cui figlio morì improvvisamente d'infarto, a poco più di quarant'anni; o con la madre di un mio amico, morto di cancro a 25 anni, che letteralmente è morta dentro e non si è più ripresa.
    Non esagero né faccio retorica se dico che, qualunque cosa debba succedere ai miei figli, preferirei piuttosto succedesse a me.

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  5. "Quando un bimbo perde i genitori lo si chiama orfano, come si chiama un genitore che perde un figlio?
    Non c'è un nome che possa contenere tanto dolore."
    credo che in questa frase ci sia tutto ciò che bisogna dire, tanto dolore

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  6. Perdere un figlio è l'esperienza piu' terribile che possa capitare, è contro natura, i genitori non devono seppellire i figli, ma i figli i genitori.
    Riprendersi da una esperienza del genere è dura, lo vedo in una amica, l'ho incontrata proprio ieri, gli altri due figli che ha, e la nuova nipotina,non potranno mai riempire il vuoto lasciato il terzo figlio morto in un incidente automobilistico per colpa di un camionista distratto, lo si vede nei suoi occhi, il velo di tristezza non li abbandona mai.

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  7. Sono in vacanza in questi giorni, ma cerco sempre di trovare un momento per leggerti. E non me ne pento mai.

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  8. vero...
    "Non c'è un nome che possa contenere tanto dolore."
    la morte, pur essendo un'evoluzione naturale della vita, non dovrebbe mai falciare una vita ancora in erba, con così tanto, tanto da dover ancora vedere, vivere, sentire, esplorare, è un dolore che non ha argini

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  9. Mi sono sempre chiesto quando e in che modo il medico oltrepassa quella linea d'ombra che non gli consentirà più di leggere il dolore negli occhi dei suoi pazienti.

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    1. il medico che sia medico non la oltrepassa mai quella linea ed ogni volta è un pugno nello stomaco, ed ogni volta è un misurarsi con se stessi per trovare il giusto mezzo tra il sostegno e il distacco necessario a non soccombere è una lotta molto difficile

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  10. Orfano, si può dire orfano di figlio.
    quella linea credo invece che sia oltrepassata spesso.
    La settimana scorsa qui è stato messo agli arresti domiciliari un pediatra
    al quale sono state contestate 180000 euri di fatture non fatte,
    aveva timbrato il cartellino ed era a far compere con la moglie
    Ecco, immagino che lui la linea l'abbia oltrepassata da un pezzo
    e come lui ce ne sono chissà quanti.

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    1. quello che intendevo dire è che se sei un medico non la superi, se rubi lo stipendio da medico l'hai già superata ds un pezzo. Non parlo mai a nome di una categoria, le crociate di categoria non sono il mio forte. Le crocifissioni di categoria non dovrebbero essere il forte di nessuno, ognuno rappresenta solo se stesso

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  11. Sì, meraviglioso, con quel suo sciogliersi, alla fine: come chi lo legge.
    zena

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